Papa: "La missione di Isoradio è traffico e meteo"
Le Strade dell'Informazione intervista Aldo Papa, direttore dei Canali Radio di Pubblica Utilità
Roma, 21 ottobre 2011 - Figura poliedrica Aldo Papa, in Rai ormai da oltre trent’anni prima come collaboratore, poi come precario, in seguito come collaboratore esterno fisso, ora come Direttore dei Canali Radio di Pubblica Utilità, è stato, fra le altre cose, Consigliere d'Amministrazione del Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale, responsabile della comunicazione istituzionale del Ministero della Giustizia con l'incarico di Capo Ufficio Stampa e Informazione, critico teatrale ed esperto di musica, docente e membro del Comitato Accademico del Master Europeo dell'Audiovisivo. Lo incontriamo nel suo studio di Saxa Rubra e ci parla della “sua” Isoradio.
Direttore Papa, dallo scorso anno (primo aprile 2010) si può parlare di una Isoradio 2.0?
No, non direi. Isoradio è andata a fondo con la sua missione. Una missione presente in ogni momento del nostro palinsesto che è quella di essere a servizio del pubblico. Non a caso Isoradio è incardinata in una struttura che si chiama “Canali radio di pubblica utilità” e che sviluppa in particolare la sua missione intorno al tema della sicurezza, dell’infomobilità e del meteo. Se lei mi chiede cos’è Isoradio io le rispondo che è traffico e meteo; intorno a questa colonna portante si sviluppa poi un palinsesto che abbiamo cercato di rendere il più radiofonico possibile, però sempre tenendo conto di quelle che sono le priorità delle informazioni costanti che entrano in qualsiasi tipo di spazio che abbiamo nel nostro palinsesto. Ad esempio, quello invernale che apre alle 5:30 del mattino con “Buongiorno Isoradio” null’altro è che il palinsesto della giornata dove assieme alla musica e ai ragionamenti dei conduttori il tema portante è quello dell’infomobilità.
Possiamo quindi parlare quindi di una struttura da infotainment?
Diciamo che c’è un aspetto che tende a valorizzare entrambi gli aspetti, senza mai perdere di vista il suo punto essenziale. Non a caso tutti i titoli dei programmi hanno a che fare con la viabilità e il viaggio. Ad esempio, “Articoli da viaggio” che tratta della rassegna stampa dei giornali o un programma di approfondimento che si chiama “Area di sosta” o un’altra che va in onda dalle ore 21 alle ore 23 si chiama “Casello Casello”, non è un caso che un programma sul calcio si chiami “Autogol”, non è un caso che uno sulla musica indipendente italiana si chiami “ztl” o un programma notturno “Diesel”. È chiaro che in ognuno di questi format, che hanno delle caratteristiche particolari, si alternano i diversi conduttori sempre legati a quella che è la missione della rete. Non sarei d’accordo che Isoradio è cambiata. Isoradio sta lavorando e perseguendo i temi che le sono propri cercando di andare avanti su una strada che non è semplicemente una strada di superficie, ma è quella di andare all’interno dei diversi punti di vista. È chiaro poi, ad esempio, che i vari riferimenti sono mirati: abbiamo fatto un programma legato al bollino rosso e al bollino nero nei periodi di esodo che abbiamo intitolato “Il rosso e il nero”, è chiaro che il riferimento al romanzo di Stendhal è evidente, ma il punto centrale resta il traffico. Per altro organizzato grazie alla presenza della polizia stradale, grazie soprattutto ad un rapporto molto forte con l’Anas perché è chiaro che nello scenario attuale Isoradio è chiaramente aperto a quelle che sono le sue funzioni di pubblico servizio, non ha la pubblicità, non ha nulla di commerciale e quindi il punto di raffronto nel sistema strutturale italiano è la sua connotazione pubblica, come lo è quello dell’Anas nelle sue diverse componenti perché biologicamente lavoriamo sullo stesso territorio, che, ripeto, è più di servizio pubblico che commerciale.
Recentemente avete stretto alleanze e collaborazioni, nuove sinergie tra cui quella con l’Anas (sui pannelli del raccordo ad esempio viene pubblicizzata Isoradio).
Sì, infatti a tal proposito volevo ricordare almeno una persona che nel nostro percorso è realmente un punto di riferimento, per una visione comune e condivisa di servizio e di servizio pubblico: il dott. Giuseppe Scanni.
Il prossimo passo potrebbe essere quello di far diventare Isoradio una radio commerciale, sempre legata al suo valore di pubblico servizio ovviamente?
Perché dovremmo farlo? Perderemmo le nostre caratteristiche. La gente paga un abbonamento alla Rai ed è giusto che parte di questo abbonamento torni in termini di servizi. È giusto non sottoporre le persone a delle strategie commerciali e mantenere una distanza con quelle esigenze di mercato che inevitabilmente compromettono l’informazione. Inevitabilmente. Ecco, noi non avendo pubblicità nel nostro segmento operativo, un carico di rapporto commerciale, contrariamente a quanto accade in Rai – che è un’azienda che vive su entrambi i fronti – ma la nostra struttura che si chiama “Canali Radio di Pubblica Utilità” è proprio quella deputata a operare a presidio di quella che è pubblica utilità, che va interpretata nel caso di Rai Isoradio come traffico e meteo, ma nel caso della filodiffusione, il quinto canale e il quarto, sulla musica leggera di qualità. Stiamo parlando di una struttura a servizio della cultura nazionale e in questo ci riconosciamo nel servizio di pubblica utilità. Così come il CCISS televisivo che è una parte di questa struttura, i nuovi studi fanno parte sempre di questo discorso. Perché quindi dovremmo essere altro? Al momento le scelte aziendali sono altre e noi ci troviamo assolutamente appagati da questa missione, tra l’altro questa non è una rete che viaggia su bilanci faraonici, è vero il contrario, per cui non costituiamo un peso e creiamo servizio.
Come immagina l’Isoradio del futuro?
Ci sono dei punti di riferimento che vengono imposti dalla legge e dal contratto di servizio della “Rai Stato” per cui Isoradio è destinata a non avere la pubblicità. Io vedo Isoradio come miglioramento, affinamento di un servizio sempre più votato ad avere un rapporto con l’utente – che per noi non è un cliente - e a questo noi teniamo molto. Da qui l’apertura di Rai Isoradio, già da due anni, agli sms. Questo passaggio da radio-unilaterale agli sms degli ascoltatori è stato per noi un passaggio importante.
Come state lavorando per la copertura di Isoradio? Ancora non si sente in Sicilia o fuori dalle autostrade in alcuni punti ha problemi di frequenza. Lo Stato cosa vuole fare a proposito?
Una domanda di grande interesse. Personalmente io faccio il giornalista quindi le posso dare risposte sull’informazione e sul fronte del prodotto, ma mi è leggermente più difficile dare delle risposte sotto l’aspetto infrastrutturale, però sono chiamato comunque a riflettere su quelle che sono le lacune e le carenze che nascono da una dimensione che è quella di avere impianti che sono ormai superati negli anni, a cui bisogna mettere mano per aumentare la copertura di Isoradio, cosa che si ha attraverso due operazioni: la prima è quella di aumentare il numero delle frequenze e questo comporta da parte dello Stato l’acquisizione delle stesse, cosa che riguarda il Ministero competente che con questa crisi deve investire su un territorio molto complicato, il secondo riguarda le strutture, gli impianti a monte e gli impianti a raso. Nel primo caso è perfettamente operativa, mentre nel secondo deve chiedere ad Autostrade per l’Italia perché ora appartengono a loro e non più alla Rai. Poi se mi domanda qual è il futuro non è certo sulle fm, è chiaro che il vero salto di qualità, da cui non siamo lontanissimi, avverrà quando ci saranno le competitività; infatti, l’assenza di frequenze finisce con il penalizzare Rai Isoradio perché in termini di competizione presumo che noi come modello operativo siamo abbastanza forti. Certamente siamo stati i primi e noi a questo ci teniamo molto. Isoradio in fondo è una vetrina dell’informazione della viabilità, ma si alimenta da fonti come il CCISS.
Quanto è importante far interagire i “creatori” e le fonti della notizia col vostro modello di comunicazione?
Sono situazioni diverse perché le fonti sono l’elemento principe attraverso il quale noi ci alimentiamo e invece i creatori e i creativi fanno parte di un altro discorso che è più di carattere editoriale. Ora, la cosa importante è trovare un giusto valore di sintesi e questo è esattamente il tentativo che stiamo facendo, mi dicono coronato da successo, ma non sono io che posso dirlo.
Lei è un appassionato di jazz e di musica contemporanea, lei stesso conduce ogni tanto conduce le trasmissioni. Come vive questo doppio ruolo da un lato istituzionale e dall’altro artistico? Un dualismo necessario forse per il proprio lavoro e per se stessi che entra in circolo anche nella programmazione culturale della radio (cinema, musica, calcio, etc.)?
Quando posso conduco io stesso. Pochissime volte purtroppo. Ha risolto lei stesso nella domanda quello che stavo per rispondere: è un dualismo necessario. Chi fa il nostro mestiere deve conoscere bene non soltanto quello che esiste in una redazione, ma deve conoscere bene ciò che accade nello studio e sapere quello che succede in regia e conoscere bene tutti gli ingredienti che vi rientrano. Da una parte, nel momento in cui si va al microfono hai messo sul tavolo tutti gli ingredienti per fare la torta, quindi bisogna avere una conoscenza di questi elementi, dall’altra parte io obbligherei tutti i direttori ad andare sia in microfono che in video perché è un esercizio molto utile che permette di avere un contatto diretto con la realtà di produzione. Sotto un ulteriore punto di vista invece noi siamo come delle spugne, quindi rilasciamo e diamo solo nel momento in cui ci si alimenta. Se non si è dentro un humus che costantemente ti sollecita, è difficile poter dare poi delle risposte per indicare al gruppo dei percorsi.
Un esperto di cinema e musica passato per il Gr Parlamento e capo ufficio stampa del Ministero della Giustizia, ora si occupa di viabilità e musica, un vecchio amore e un amore del tutto nuovo.
In realtà io sono in Rai dal 1979, un rapporto ad intermittenza, un’intermittenza qualificata, e questo mi ha permesso di girare quest’azienda molto bene: sono stato con Angelo Guglielmi, ho lavorato sia su Raitre che su Raidue, Rai International e alla fine degli anni Novanta sono arrivato in radio lavorando con Paolo Ruffini e sin da allora mi sono sempre e solo occupato di radio e radiofonia, certo anche facendo dei percorsi di carattere diverso, ma c’è sempre una contiguità, ad esempio con il Gr Parlamento – sono tuttora un cronista parlamentare - e mi sono occupato a livello istituzionale di comunicazione in un grande Ministero come quello della Giustizia, che ha comportato anche là il riversare le mie conoscenze. In realtà chi comunica e lavora sull’informazione fa sempre lo stesso lavoro, lo si fa con ruoli e cappelli diversi. I contenuti fanno parte del mestiere. Se uno fa il giornalista certo si può specializzare su un fronte piuttosto che su un altro, ma alla fine fai sempre il giornalista!
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