Piano Nazionale della Logistica 2011-2020. Analisi strutturale del trasporto combinato ferroviario ed aereo e proposte di potenziamento
Le Strade dell'Informazione propone i contenuti del secondo dei quattro studi di approfondimento presentati a settembre
Roma, 1° dicembre 2011 - In un periodo di grandi cambiamenti per il Paese, in cui è stata ribadita più volte la necessità di riprendere la via della crescita, le infrastrutture sono state spesso citate come un fattore nevralgico per rimettere in moto l’economia. In questo settore, il logico punto di partenza è rappresentato dal Piano Nazionale della Logistica 2011-2020, approvato lo scorso dicembre dalla Consulta generale per l'autotrasporto e la logistica. Nell’ambito del Piano sono stati realizzati quattro studi di approfondimento e analisi strutturale, con l’obiettivo di definire un nuovo assetto logistico e infrastrutturale per lo sviluppo del Paese, le cui sintesi sono state presentate a settembre. Le Strade dell’Informazione propone questa settimana i contenuti del secondo studio: “Analisi strutturale del trasporto combinato ferroviario ed aereo e proposte di potenziamento”.
L’analisi è stata realizzata da ISPI – Comitato per l’Istituto Superiore di alti studi per le strutture e le infrastrutture nel comparto delle costruzioni, della viabilità e dei trasporti del Politecnico di Torino. Lo studio fornisce un quadro della domanda di trasporto merci, attuale e prevedibile, e della sua ripartizione modale, sia a livello nazionale di lunga percorrenza (oltre 500 km) che internazionale.
Il quadro di sintesi tracciato dal rapporto dell’ISPI rivela che, sia nel trasporto intermodale terrestre che per il cargo aereo, mancano gli operatori in grado di consolidare quantitativi di merce sufficienti a “giustificare la produzione di servizi a pieno carico sulle singole relazioni in un sistema produttivo frammentato qual è quello italiano”. Inoltre il basso livello dei traffici intermodali, oltre a ostacolare la nascita di nuove imprese di trasporto, rappresenta un freno per l’avvio di importanti interventi di adeguamento infrastrutturale. Infine, l’ISPI segnala che alcune infrastrutture strategiche, sia puntuali sia lineari, dovrebbero essere “adeguate alle unità di carico e alle tecniche di trasporto correnti anche per favorire lo sviluppo di operatori logistici”.
Scendendo nel dettaglio, nell’ambito del trasporto nazionale di lunga percorrenza il settore ferroviario, sia “tradizionale” che intermodale, detiene una quota minima dei traffici di merce via terra: intorno all’1% in tonnellate e al 4% in tonnellate-km. Non si registrano inoltre sviluppi positivi per il trasporto intermodale, che presenta un trend decrescente nell’ultimo decennio, ed è ripartito in modo non omogeneo, poiché per il 70% riguarda gli scali portuali del nord Italia. A livello internazionale, l’80% dell’import/export fa capo alle piattaforme logistiche del nord-ovest e del nord-est, mentre la restante quota è equamente ripartita fra centro e sud Italia. La percentuale di traffici internazionali su terra ricoperta dalle ferrovie è più consistente rispetto a quanto avviene a livello nazionale. Infatti, un terzo della merce trasportata attraverso le Alpi viaggia su rotaia, anche se questa quota cambia notevolmente tra i vari Paesi di confine: raggiunge il 60% per la Svizzera, ma si ferma appena al 7% nei traffici verso la Francia. Un altro aspetto interessante sta nel fatto che a livello internazionale tra il 1994 e il 2009 la quota di mercato della ferrovia “tradizionale” è scesa dal 23% all’11%, mentre c’è stato un incremento dal 14% al 21% dell’intermodale.
Per quanto riguarda l’offerta infrastrutturale e dei servizi, è stato rilevato che i principali terminali intermodali si trovano nel nord del Paese, mentre quelli meridionali sono in prevalenza pubblici (Terminali Italia) e quindi il loro sviluppo dipenderà dalle politiche che saranno intraprese da RFI. Inoltre, è emerso che tutte le direttrici nord-sud presentano limitazioni per il trasporto di semirimorchi, e in alcuni casi anche per il trasporto di container “high cube” (simili ai container standard, ma più alti) su carri ordinari, aspetto che frena lo sviluppo del settore. A tal proposito, l’ISPI sottolinea che i valichi alpini di Sempione, Brennero e Tarvisio, dove non sussistono limiti di sagoma, sono quelli che fanno segnare i più forti tassi di crescita.
Passando alle prospettive di sviluppo, la considerazione di partenza è che il trasporto intermodale terrestre è in crescita a livello internazionale e critico in ambito nazionale. Questa evoluzione sembra correlata innanzitutto ai vincoli imposti al trasporto su strada nell’attraversamento delle Alpi e al finanziamento pubblico di alcuni terminali, ad esempio in Svizzera. Poiché l’ISPI prevede che i vincoli al trasporto su strada saranno mantenuti o inaspriti nel medio termine, si ipotizza un ulteriore crescita dell’intermodale internazionale. Al contrario, appare difficile un’inversione di tendenza in ambito nazionale, poiché i caratteri della domanda e le limitazioni dell’infrastruttura non sono variati. Sembra però raggiungibile l’obiettivo di “allungare la tratta italiana degli attuali traffici intermodali internazionali”, portando avanti un progetto di rete nazionale. Al momento, infatti, la quasi totalità dei flussi internazionali ha origine/destinazione negli scali di Novara, Busto Arsizio e Verona. Per dare impulso ai flussi nord-sud, occorre fornire sostegno e incentivazione agli operatori in grado di garantire i traffici simmetrici minimi per l’attivazione di servizi regolari e di alta frequenza. L’intermodale potrebbe inoltre assorbire la domanda dei flussi di merce da e per i porti (circa 40 milioni di t), e per questo occorre innanzitutto ridurre i tempi necessari all’espletamento delle procedure doganali e alla composizione dei treni.
Infine, il rapporto rileva le notevoli potenzialità del cargo aereo. Infatti, sostiene l’ISPI, “si stima che l’impatto economico (misurato in termini di ricchezza per il territorio) generato dalla gestione di 1.000 t di merci sia pari a quello generato da un 1.000.000 di passeggeri”. In Italia, però, a causa della mancanza di un vettore nazionale di riferimento, una quota compresa tra il 40% e il 60% delle tonnellate in partenza dal nostro Paese viene spedita attraverso altri aeroporti europei. È quindi necessario incrementare la quota dell’aviotrasportato gestito da vettori di bandiera italiana, “potenziando i servizi cargo sui voli passeggeri e creando collegamenti aerei dedicati alle merci verso i principali centri economici mondiali”.
Piano Nazionale della Logistica 2011-2020. Gli aspetti demo-socio-economici e infrastrutturali
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Piano Nazionale della Logistica 2011-2020