Turchia, Ankara ferma la privatizzazione della rete stradale
Il consorzio guidato dal più grande gruppo industriale turco aveva offerto 5,7 miliardi di dollari. Erdogan: "Prezzo di vendita inadeguato"
Roma, 6 marzo 2013 - Alla fine del 2012, nel panorama generale che vedeva le agenzie di rating tagliare il giudizio sull’economia dei principali stati europei, la Turchia ha ottenuto un lodevole risultato: Fitch ha alzato il rating del paese a livello Investment Grade (da BB+ a BBB- per quanto riguarda il debito in valuta e da BB+ a BBB per quello in lire turche). Il miglioramento riflette la combinazione di un ridimensionamento sul fronte dei rischi macroeconomici e del debito pubblico ma anche un sistema bancario in salute e un'economia in buono stato, sostenuta dal buon andamento del commercio estero e con una disoccupazione al minimo da 11 anni.
La notizia ha avuto forte riflesso sul mercato turco del project finance, che ha riscontrato una fervida attività nel mese di dicembre, garantendo più di 1,2 miliardi di dollari del debito bancario.
La ciliegina sulla torta è arrivata con la privatizzazione (a lungo ritardata) di quasi 2.000 chilometri di strade, tra cui i due ponti sospesi a Istanbul.
A dicembre la gara per la concessione per 25 anni della rete stradale si è conclusa a favore del consorzio guidato dal più grande gruppo industriale turco Koc Holding (40%) e composto da UEM (40%), la società di ingegneria di proprietà del fondo sovrano malese Khazanah, e dal gruppo turco di private equity Gozde (20 %).
Il consorzio ha vinto la gara offrendo un investimento di 5,7 miliardi di dollari, che avrebbe rappresentato la seconda più redditizia privatizzazione della storia turca. Di fronte al bisogno sempre crescente di risorse a sostegno delle politiche infrastrutturali, tale risultato lasciava presagire un luminoso 2013.
Nei giorni scorsi però l’affidamento è stato cancellato: il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan ha espresso il suo parere contrario al prezzo di acquisto del pacchetto stradale, ritenuto troppo basso. E’ nel pieno diritto del governo di Ankara annullare il processo di privatizzazione, poiché tutte le gare aggiudicate dall'Amministrazione per la privatizzazione della Turchia sono soggette all’approvazione finale del Consiglio superiore per la privatizzazione, guidato proprio da Erdogan. Ma adesso gli analisti temono che quest’atto possa essere percepito dalla comunità degli investitori come un rinnovato pericolo al business nel mercato turco, vista l’incertezza del risultato.
La privatizzazione della più remunerativa rete stradale a pedaggio turca (1.975 km + 2 ponti sul Bosphoro) è stata inizialmente discussa nel 2008 e lanciata seriamente nell’agosto 2011. Il processo è poi passato attraverso una serie di ritardi e trattative. In altre parole, i 5,7 miliardi di dollari offerti ed accettati dall'Amministrazione per la privatizzazione della Turchia sono il risultato di un processo negoziale lungo e difficile che ha visto il settore pubblico e privato discutere i dettagli del pacchetto stradale, per renderlo il più attraente possibile per entrambe le parti.
Ma il governo di Ankara ha annullato la gara ritenendo il prezzo di vendita inadeguato, il primo ministro Erdogan ha commentato che: “Il valore minimo era di circa 7 miliardi. Se avessi dato questa approvazione, avrei tradito il paese, il mio popolo". Oggi dunque si valuta la proposta di lanciare un’offerta pubblica sul pacchetto (rivisto) della rete stradale per tutte le attività di gestione, nella speranza di ottenere maggiori guadagni.
La cancellazione arriva in un momento particolarmente delicato, con la gara attesa a maggio per la costruzione e l'esercizio del nuovo aeroporto di Istanbul che dovrebbe costituire uno dei più grandi aeroporti del mondo (vedi scheda) e con molti altri progetti infrastrutturali in cantiere, per i quali il bisogno di capitale estero è fondamentale.
Per esempio, la gara per la costruzione e gestione di un tunnel sotto il Bosforo del valore di 1,3 miliardi di dollari è stata assegnata nel 2008, ma il finanziamento si è chiuso solo lo scorso dicembre con l'aiuto della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo.
E lo skyline di Istanbul è destinato a cambiare ancora per altri numerosi progetti, tra cui il terzo ponte sul Bosforo di 2,2 miliardi di dollari - che deve essere realizzato dalla cordata con l’italiana Astaldi - e un progetto di 6 miliardi di dollari che comprende il secondo ponte sospeso più grande al mondo, per abbreviare il tragitto verso la città di Smirne. Tutti piani ambiziosi per i quali i finanziamenti non sono ancora definiti. Nonostante lo scetticismo, il primo ministro Erdogan nutre ancora fiducia e per il progetto più grande di tutti – il nuovo canale artificiale attraverso il Mar di Marmara che collegherà il Mar Nero al Mare Egeo – afferma di voler lanciare la gara entro l'anno.
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